Miopia, ipermetropia, astigmatismo, pseudostrabismo, epicanto, ambliopia, daltonismo: sono solo alcune delle problematiche legate alla vista che colpiscono i più piccoli. La salute visiva dei bambini è un tema molto importante, ma ancora poco conosciuto.
La vista del resto è fondamentale, uno dei sensi principali a cui sono collegate molte altre funzioni vitali, come la postura, l’attenzione e via via l’apprendimento, fino ad arrivare al rendimento scolastico e sportivo. Tuttavia non è una capacità innata, ma matura nei primi 6-8 anni di vita dei bambini, partendo da un livello abbastanza scarso per diventare poi determinante per tutta una serie di attività fondamentali per il benessere di un bambino.
Per questo diventa palese come, la visita oculistica pre-scuola rischia di essere tardiva: uno studio effettuato dal progetto Sight for Kids, rileva come gli occhi dei bambini con difetti non diagnosticati siano il 20% degli oltre 130mila bambini esaminati per la ricerca.
E proprio da questo presupposto e da un’esperienza di vita personale nasce l’interesse e l’attivismo di Enrica Ferrazzi, scrittrice ed esperta in comunicazione che ha fondato “Progetto Elisa” con l’obiettivo di fare divulgazione ed essere di aiuto ad altri genitori. Ma non solo: il 9 aprile infatti è uscito in tutte le librerie fisiche e digitali il libro “Gli occhi dei bambini. Guida alla salute visiva dei nostri figli“, una vera e propria guida facile alla salute visiva dei più piccoli, che raccoglie e risponde alle principali domande che i genitori si pongono nei confronti della salute degli occhi dei propri bambini e che con l’aiuto di medici ed esperti fornisce risposte puntuali e di facile applicazione nella vita di tutti i giorni.
Realizzato in collaborazione con l’oculista Maria Antonietta Stocchino, questo libro è davvero un pratico manuale da consultare quando si ha un bambino, per comprendere al meglio i segnali a cui prestare attenzione e sapere con precisione cosa fare in caso di disturbi visivi.
Abbiamo incontrato l’autrice Enrica Ferrazzi e le abbiamo rivolto alcune delle domande più frequenti in rete circa la salute degli occhi dei bambini e come il suo vissuto le abbia dato l’input per impegnarsi in questa attività divulgativa.
Come nasce “Progetto Elisa”?
Questo Progetto ha radici lontane. Quando mia figlia Elisa doveva iniziare la scuola primaria, essendo io miope, ho pensato di portarla con me a fare la sua prima visita oculistica. Ero certa che non ci fossero problemi, perché la bambina non mi aveva mai dato segnali che potessero far sospettare un problema di vista. Diciamo più uno scrupolo che una preoccupazione. E invece mi è cascato il mondo addosso: la bambina aveva seri problemi di vista da un occhio. Problemi che se fossero stati diagnosticati precocemente avrebbero potuto essere risolti semplicemente con l’uso di occhiali. Ambliopia la diagnosi, una parola che non avevo mai sentito prima. Una parola che per me voleva dire condanna: per il pediatra che non mi aveva informata prima dell’importanza di un controllo oculistico precoce nei bambini; condanna per me, che mi ero sempre considerata una mamma attenta e premurosa, dedita al benessere della figlia. Dopo alcuni mesi di grande paura e confusione, ho pensato di canalizzare questa rabbia in qualcosa di positivo, che potesse essere utile per altri genitori. È nata così l’associazione Progetto Elisa, che si occupa di prevenzione visiva e divulgazione, perché quello che è accaduto a me e ad Elisa non capiti ad altri. Negli ultimi anni l’associazione è sbarcata sui Social con un nome immediatamente evocativo della nostra mission: @occhideibimbi.
Come si fa a capire se un bambino ha problemi di vista?
Un genitore difficilmente può sospettare che il proprio figlio abbia un problema visivo, a meno che non sia qualcosa di eclatante, come un occhio deviato, un’asimmetria tra gli occhi, l’incapacità del bambino a stabilire un contatto visivo, ad esempio con la mamma mentre lo allatta. Non possiamo neppure aspettarci che siano i nostri bambini a segnalarci le loro difficoltà di visione: specie nella prima infanzia, infatti, non sono in grado di comunicare correttamente questo loro disagio, che viene frainteso o peggio, passa inosservato. Lo stesso vale per i bimbi più grandi perché non hanno alcun elemento di paragone. Hanno sempre visto così, non sanno cosa voglia dire “vedere bene”. Se, come nel caso di mia figlia Elisa, il problema è monolaterale, è ancora più difficile per un genitore accorgersi, perché diciamo che il bambino “sopperisce” con l’altro occhio. Ecco perché è sempre importante un controllo oculistico precoce.
Quali sono le anomalie visive più frequenti nell’infanzia?
Parlando di problemi visivi, sicuramente il primo pensiero di tutti va ai vizi refrattivi, e quindi miopia, astigmatismo e ipermetropia. Ma in tanti anni di attività (quasi 20) a contatto con oculisti, ortottisti e optometristi ho scoperto che le problematiche visive che possono interessare un bambino sono tantissime. Ad esempio, se dico la parola “cataratta”, a tutti viene subito in mente una persona anziana. Ebbene, la cataratta ha una forma congenita che interessa i neonati, portando già nelle prime settimane di vita a dover rimuovere il cristallino. Così i genitori di questi neonati si ritrovano a dover imparare a mettere e togliere tutti i giorni ai loro piccini una lente a contatto: capite cosa voglia dire per loro? E poi strabismo, ptosi, coloboma, retinoblastoma, daltonismo (1 bambino maschio su 30 lo è) … Un elenco infinito insomma. Spesso quando arriva la diagnosi i genitori brancolano nel buio, iniziano a cercare in rete informazioni, non sempre verificate. Per questo con Maria Antonietta Stocchino, una delle oculiste che collabora al nostro progetto, abbiamo pensato fosse utile scrivere un manuale teorico e pratico che potesse aiutare i genitori a prendersi cura della salute visiva dei loro bambini sin dalla nascita. È nato così “Gli occhi dei bambini. Guida alla salute visiva dei nostri figli”, edizioni Sonda.
3 consigli su come aiutare un genitore nella gestione degli occhiali di un bambino in tenera età
L’esperienza mi porta a dire che il primo consiglio per i genitori è di essere loro i primi a non manifestare (magari in forma non esplicita) un disagio/rifiuto verso l’occhiale. Capita infatti che alcuni genitori accettino poco volentieri la prescrizione dell’occhialino, perchè in qualche modo viene a cozzare con l’idea di un “figlio perfetto”: il rischio è che il bambino faccia proprio il sentire dell’adulto di riferimento. Un altro consiglio è quello di usare il gioco per stimolare interesse e accettazione da parte del bambino. In relazione all’età si può pensare a un cesto dei tesori, oppure a un baule dei travestimenti. Infine direi di coinvolgere il bambino nella scelta della montatura. Compete a un bravo ottico effettuare una selezioni di modelli che possono essere adatti in relazione alla conformazione del viso del bambino, età e difetto da correggere, e tra quelli il bimbo può ad esempio selezionare quello che preferisce per colore o forma.
I dispositivi digitali: quanto e in che modo il loro utilizzo può influenzare la salute visiva dei più piccoli?
L’uso sempre più massiccio di digital device anche nei bambini piccoli crea varie problematiche a livello visivo. Ad esempio genera astenopia, un fenomeno di stanchezza visiva che si manifesta con secchezza oculare, rossore, fotofobia, sensazione di corpo estraneo, mal di testa. Si può produrre anche una diplopia transitoria (cioè visione doppia, perché si possono originare dei momentanei disturbi nell’attività dei muscoli che muovono gli occhi). Tra le conseguenze anche una maggior probabilità di sviluppare miopia, anche in forma severa. Oggi si stima che il 30-35% dei ragazzi di età inferiore ai 14 anni sia miope, in pratica 1 su 3. Un’accelerazione che si è determinata soprattutto negli ultimi due anni, in linea con la previsione fatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui nel 2050 la metà della popolazione mondiale sarà miope. È vero che per la miopia esiste una componente genetica, e al momento contro questo aspetto non si è in grado di agire, ma non dobbiamo trascurare la componente ambientale. I bambini trascorrono troppo tempo in ambienti chiusi, e l’eccessivo sforzo nella visione da vicino, che peggiora per l’uso sempre più precoce e prolungato dei digital device, mette ancora più a rischio la salute visiva dei nostri figli. Come ricorda sempre anche il professor Paolo Nucci, presidente della Società italiana di oftalmologia pediatrica e strabismo che collabora col nostro progetto divulgativo @occhideibimbi, stando all’aria aperta, gli occhi si sforzano meno perché devono guardare lontano; non sono costretti all’iperaccomodazione continua come accade davanti a un display. Oltre a ciò i raggi del sole stimolano la produzione di dopamina, una sostanza che contrasta l’allungamento del bulbo oculare tipico della miopia. Non pensiamo che sia solo una problematica risolvibile con occhiali e lenti a contatto, oppure ricorrendo a un intervento col laser quando il bambino sarà cresciuto: una miopia elevata (oltre le cinque diottrie) si associa a conseguenze patologiche sulla retina, una maggiore incidenza di glaucoma e cataratta. Se vogliamo aiutare i nostri bambini, regaliamo loro una bicicletta o un paio di pattini per favorire l’outdoor activity, non un tablet o un cellulare!
3 consigli per la gestione dell’utilizzo dei dispositivi digitali
Per quanto riguarda i tempi di esposizione ai dispositivi elettronici, i genitori possono rifarsi alle indicazioni della SIP Società Italiana di Pediatria o dell’Organizzazione mondiale della Sanità (nessun uso fino ai 2 anni di età, un’ora al massimo per i bambini in età prescolare e 2 ore al massimo per i bambini tra i 5 e gli 8 anni.) Aggiungerei – a qualsiasi età – di evitare l’uso di tablet o cellulari durante i pasti, momento prezioso di condivisione familiare, o la sera prima di andare a dormire.
Grazie a Paola Piovesana – Ufficio stampa, Comunicazione aziendale, eventi e convegni