Nei giorni scorsi le parole di un dirigente scolastico della provincia di Pistoia hanno scatenato un vero e proprio polverone mediatico. Il motivo? Proporre una divisa unica per i bambini della scuola materna. Ma cosa potrà mai esserci di male nello scegliere un grembiule giallo uguale per maschi e femmine? Beh la questione va ben oltre il colore e ci ha obbligati, ancora una volta, a fare i conti con il problema irrisolto del gender gap.
Il grembiule giallo alla scuola materna: la proposta nel mirino delle critiche
Il dirigente dell’Istituto comprensivo Salutati – Cavalcanti di Borgo a Buggiano in provincia di Pistoia nei giorni scorsi ha diffuso una circolare destinata a finire sotto i riflettori dell’Italia intera. Al suo interno la proposta di una divisa unica per i bambini e le bambine della scuola materna. Nel documento si legge che il grembiule (consigliato, non obbligatorio) potrà essere esclusivamente di colore giallo e della stessa lunghezza, indipendentemente dal fatto che sia indossato da un maschio o una femmina.
La proposta è arrivata sulla scia della scelta già attuata alla scuola primaria dello stesso complesso nella quale si è adottato il grembiule blu per tutti. Una scelta che, a detta dei suoi promotori, avrebbe diversi pro. Da un lato neutralizzerebbe le differenze tra maschi e femmine, uniformandoli. Dall’altro contribuirebbe a creare un maggiore senso di comunità e appartenenza al gruppo classe.
Un’iniziativa, insomma, nata con le migliori intenzioni ma che ha provocato una valanga di dubbi e critiche. I più moderati hanno sollevato perplessità rispetto al fatto che una scelta del genere andrebbe presa a livello nazionale. Altri hanno puntato il dito contro la non obbligatorietà. Essa infatti implica che la spesa dovrà essere affrontata dalle famiglie e non dalla scuola, motivo per il quale potrebbero essere discriminati i genitori meno abbienti.
Le critiche più feroci al grembiule giallo
I più critici e feroci però si sono scatenati sui social. Il senatore della Lega Simone Pillon ha tuonato contro la notizia, etichettandola come “scemenza ideologica”, sottolineando in un post su Instagram che: “I bambini sono maschi e le bambine sono femmine.” Forse andrebbe ricordato al senatore che fino a poco più di 100 anni fa il rosa era un colore considerato molto audace e dunque adatto agli uomini mentre l’azzurro (colore del velo della Vergine Maria) era quello più adatto alle donne, ma forse sarebbe una questione troppo lunga da approfondire. Non da meno anche il leader Matteo Salvini che ha accusato di strumentalizzazione i promotori dell’iniziativa.
Rimane il fatto che la proposta del dirigente scolastico pistoiese, seppur isolata, non è stata un colpo di testa o uno sfizio preso in autonomia. Da anni infatti il Ministero dell’Istruzione è impegnato nell’abbattimento degli stereotipi, in particolare quelli di genere. Le scuole italiane, con difficoltà e talvolta con tentativi di boicottaggio, stanno tentando di diventare presidi di tolleranza e rispetto, luoghi di confronto e inclusione, nei quali ogni studente possa sentirsi parte del gruppo classe. A supporto dei docenti è stato da poco editato anche un manuale intitolato Educare alla parità. Principi, metodologie didattiche e strategie di azione per l’equità e l’inclusione.
Gender gap in Italia: a che punto siamo
Non stupisce che la proposta del grembiule giallo alla scuola materna abbia fatto così tanto scalpore. In Italia infatti le differenze di genere quando si parla di accesso al mondo dell’educazione e del lavoro, di opportunità e carriera e di rappresentanza nelle sfere più alte della politica sono ancora tante, troppe.
Il nostro Paese si trova al 63º posto della classifica Global Gender Gap Index 2022. Redatta dal World Economic Forum, misura il raggiungimento degli obiettivi di parità tra uomini e donne in diversi campi a livello mondiale. Ma non va bene neanche in Europa. Nel vecchio continente l’Italia si trova in fondo alla classifica in compagnia di Macedonia e Bosnia. Per arrivare a colmare il gap e riuscire finalmente a costruire una società equa e meritocratica c’è ancora molta strada da fare. La scuola, in questo senso, gioca un ruolo fondamentale. È lì che dovremmo imparare il rispetto e l’accoglienza, il sapere e la capacità di cogliere le differenze come risorse e non come problemi.