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Mobbing: storie di discriminazione e donne sfruttate

mobbing sul lavoro

Qualcuna di voi se l’è mai sentito dire? “È il caso che inizi a truccarti di più” oppure ancora “dovresti iniziare a mettere scarpe più alte”. Queste sono solo alcune delle frasi, con cui molto spesso una donna si ritrova a fare i conti sul posto di lavoro. È una delle storie più vecchie del mondo, discriminazione, mobbing e differenza di gestione tra il personale maschile e quello femminile. La differenza di salario, gli ostacoli a fare carriera, la difficoltà di diventare e di essere una donna manager. Oltre a tutte questa serie di problematiche, si aggiunge il fatto che molto spesso, capi e superiori senza una morale, pensano bene di iniziare a molestare, prima con frasi e richieste e poi chissà cos’altro, le proprie dipendenti.

mobbing

Le prove di uno studio

Lo studio legale Slater e Gordon, ha deciso di avviare addirittura uno studio, per far emergere alla luce del sole questa problematica incresciosa. Il test è stato effettuato su 2mila dipendenti, ed è risultato che l’8% delle donne è spinto dai propri capi a truccarsi di più, per apparire più belle e il 7% a mettere i tacchi, per essere più attraenti; la scusa, ovviamente, è che la richiesta del suddetto dress-code vada a vantaggio dell’azienda. Proprio questa frase, “vantaggioso per l’azienda”, se l’è sentito dire il 28% delle donne. I colleghi maschi, invece, dichiarano di non aver mai ricevuto commenti, allusioni o richieste sul proprio aspetto e modo di vestire.

Una storia vera

Marina ci racconta quello che è successo a lei. Appena laureata, aveva trovato lavoro in una piccola azienda: aveva a disposizione un ufficio tutto per sé e di clienti non c’era nemmeno l’ombra. Era contenta, perché in questo modo era libera di vestirsi come voleva. Pur sempre mantenendo un certo decoro, non andava oltre a jeans e camicetta, e un velo di mascara e cipria. Il lavoro le piaceva e si trovava molto bene, il titolare non passava quasi mai, se non per darle giusto due dritte.

Fino al giorno in cui le sue visite si erano fatte più frequenti e la invita a staccare prima per un aperitivo. Da li il dramma; da quella che inizialmente sembrava solo una gentilezza, era diventata una morbosità e le richieste non ci misero molto ad arrivare. Le fu chiesto di vestirsi più appariscente, di mettere i tacchi alti, di truccarsi di più; la scusa ovviamente era perché potevano entrare dei clienti. Lei aveva sempre rifiutato, fino al giorno in cui ha ricevuto una telefonata: era una collaboratrice del capo a cui lei aveva sempre e soltanto parlato al telefono. È proprio lei a imporle di cambiare modo di vestire e atteggiamento.

Marina si sente umiliata, come donna e lavoratrice. Capisce di trovarsi in brutte acque, in cui la situazione avrebbe potuto solo peggiorare. Prende così la decisione più saggia della sua vita e di cui ancora adesso non se ne pente: si licenzia. Questa storia è andata a finire bene, ma se anche voi vi ritrovate a vivere situazioni simili, di mobbing, maltrattamenti e oppressioni, non lasciatevi abbattere, sappiate che c’è qualcuno pronto a tutelarvi e difendervi.

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