Con una circolare dell’Inps della settimana scorsa, entrano finalmente in vigore le nuove regole sul congedo di maternità e di paternità inserite nel decreto legislativo del 30 giugno 2022. Le novità riguardano soprattutto il numero di giorni (in alcuni casi di mesi) in cui i genitori potranno stare a casa con il neonato. Una buona notizia ma, rispetto ad altri paesi europei, si tratta davvero di briciole.
Congedo di maternità: cosa cambia?
Per le future mamme, la novità più significativa riguarda l’estensione dell’indennità anticipata per gravidanza a rischio anche alle autonome e alle libere professioniste. Sino ad ora, questo “lusso” era concesso solo alle dipendenti, mentre le mamme con partita Iva spesso si ritrovavano a lavorare fino all’ultimo mese di gestazione.
Un altro traguardo raggiunto riguarda l’indennità al 30% delle retribuzione. Questa era di 3 mesi per ciascun genitore e non era trasferibile. Ora invece sarà fino a 9 mesi complessivi e i genitori potranno decidere in libertà come utilizzarla, se ad uso esclusivo di uno o alternativamente tra loro. In caso di disabilità grave del bambino, l’indennità al 30% si potrà estendere fino a 3 anni e, anche in questo caso, i genitori potranno alternarsi.
Il congedo parentale al 30% potrà ora essere richiesto fino ai 12 anni di età del figlio (prima era entro i 6 anni). Ciò significa che potrà essere unito alla maternità oppure utilizzato in seguito e, nota da tenere in considerazione, può essere richiesto anche da genitori adottivi o affidatari. Infine, novità anche per le famiglie monogenitoriali. Il congedo al 30%, per genitori single, passa da 10 a 11 mesi.
Più giorni di congedo di paternità
Anche se oggi ci può sembrare un’assurdità, il congedo di paternità in Italia è stato introdotto solo nel 2012 e all’epoca era di 1 solo giorno. Si è poi allungato a 5 e infine a 10 giorni nel 2021. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo, i 10 giorni di congedo di paternità diventano obbligatori. I padri potranno richiederli in un periodo che va dai 2 mesi precedenti ai 5 successivi alla nascita del figlio.
Gli altri paesi europei
Le novità introdotte sono certamente una buona notizia, ma solo se inserita nel contesto italiano. In altri paesi europei infatti queste non sono altro che briciole. In Spagna, ad esempio, dal 1º gennaio 2021 è stato stabilito il congedo parentale equivalente. Entrambe i genitori hanno diritto a 16 settimane di congedo, non trasferibili e pagate al 100% della retribuzione.
Se guardiamo alla vicina Francia, simile a noi per ripartizione dei compiti genitoriali, i padri hanno comunque diritto a 28 giorni di congedo. Il paragone con i paesi nordici poi è impietoso. In Svezia il congedo è di 12 mesi, ripartiti equamente tra entrambe i genitori. In Italia invece il carico della gestione dei figli poggia ancora per oltre l’80% sulle madri. Ciò non va a danneggiare esclusivamente il tessuto lavorativo del paese ma anche il rapporto che i figli costruiscono con i genitori. Un’equa ripartizione permetterebbe uno sviluppo egualitario di attaccamento tra bambini e figure di riferimento. Sembra poca roba? Pensate alla difficoltà e alla diffidenza nei confronti di maestri, educatori e pediatri di sesso maschile. Forse se il ruolo dei padri fosse più rilevante dentro e fuori dalle mura domestiche, ci sarebbe più equità di rappresentazione anche nel mondo del lavoro.
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