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Cos’è il “revenge porn” e come difendersi da questo reato

Cos’è il “revenge porn” e come difendersi da questo reato

La violenza sulle donne è uno degli argomenti e dei problemi sociali più rilevanti degli ultimi anni. Quando si parla di essa, si pensa subito a forme di aggressione fisica o sessuale, ma esistono forme di violenza più subdole e psicologiche. Tra esse si trovano fenomeni come il cosiddetto revenge porn, cioè una forma di violenza introdotta dalla tecnologia, che può portare a conseguenze psicologiche pari a quelle di un abuso fisico.

Revenge porn: di cosa si tratta

La frase “revenge porn” deriva dall’inglese e significa letteralmente “vendetta pornografica”: questa violenza, infatti, è maggiormente fatta con scopi vendicativi da un partner o ex partner, il quale decide di denigrare pubblicamente, ricattare o molestare un’altra persona. Violenza che, secondo il Garante della Privacy, consiste nel “invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione, da parte di chi li ha realizzati o sottratti senza il consenso della persona cui si riferiscono, di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati”. Talvolta i contenuti pubblicati sono anche accompagnati da informazioni personali della vittima, così che possa essere volutamente riconosciuta. Chi subisce questo tipo di violenza è all’80% di sesso femminile, e ovviamente può portare a conseguenze psicologiche importanti.
Sempre nel fenomeno del revenge porn, si parla inoltre di “non consensual pornography”, pornografia non consensuale, per indicare quelle situazioni in cui l’autore della violenza cerca di ottenere profitti in una logica estorsiva o pubblicando il materiale su siti pornografici o d’incontri.

Le tipologie di revenge porn

A grandi linee, si possono individuare due forme principali di questa violenza.
La prima, più comune, vede la pubblicazione di materiale, come video o immagini, sessualmente esplicito da parte di un partner o ex partner; la diffusione può essere fatta su social, siti, gruppi privati o pubblici e forum, spesso, come già accennato, con alcune indicazioni sull’identità della persona ritratta in esso. Il materiale, originariamente realizzato con il consenso della vittima magari durante la relazione, viene messo in rete in maniera non consensuale. Tale situazione si verifica nella maggior parte dei casi dopo la fine della relazione in questione, come se fosse appunto una forma di vendetta perpetrata da un partner che non ha accettato la separazione o l’allontanamento.
La seconda tipologia di revenge porn risulta più subdola e più vicina a una “mera” violenza psicologica, prevedendo infatti un fine ricattatorio e minatorio. La vittima viene infatti minacciata di pubblicazione di un materiale sessualmente esplicito che la riguarda, che spesso il ricattatore ha ottenuto senza il suo consenso, ma piuttosto tramite hacking o creandolo persino con il deepfake, cioè con dei programmi d’intelligenza artificiale che creano delle false immagini audiovisive. Questa forma della violenza vede così coinvolti personaggi famosi, volti noti o persone abbienti, e chi lo attua è mosso da motivi legati alla profittabilità della situazione, al contrario della declinazione sentimentale e di vendetta dell’altra modalità.

Le conseguenze psicologiche

Il fenomeno del revenge porn, come si può ben intendere, finisce per coinvolgere diversi aspetti della vita delle vittime: ciò che è violato è la loro privacy, la loro sfera privata e intima, l’immagine pubblica. Per questo, le conseguenze psicologiche che questa violenza può avere possono essere di grande rilievo e possono andare a ledere anche le dimensioni affettivo-relazionale e lavorativa della persona coinvolta.
Ecco quindi che le vittime di revenge porn tendono a sviluppare dei sentimenti come la vergogna, l’umiliazione, il tradimento, un sentimento di violazione della propria intimità simile a quello di una violenza fisica. Quello che più colpisce è che queste persone si auto-colpevolizzano del fatto, attribuendosi la colpa di non aver valutato propriamente i rischi durante l’invio del materiale poi diffuso. Il fatto che la vittima si assuma la responsabilità di quello che è successo fa parte di quella stigmatizzazione sociale a cui le donne sono maggiormente poste rispetto agli uomini per quanto riguarda la sfera sessuale, e sono proprio questi i fattori che le spingono a non cercare aiuto e a non denunciare il reato, impaurite anche dalla gogna pubblica a cui la denuncia potrebbe sottoporle.
A sommarsi ai sentimenti sopra elencati si aggiungono dei crescenti pensieri di profonda sfiducia negli altri e di paura per la propria sicurezza personale, arrivando a sviluppare sintomi di ansia, depressione, disturbo da stress post-traumatico e comportamenti disfunzionali quali autolesionismo e abuso di sostanze. Nei casi più estremi, dopo aver subito il revenge porn le vittime hanno sviluppato pensieri suicidari fino a togliersi la vita, come nel caso del 2016 di Tiziana Cantone, esempio emblematico delle conseguenze disastrose che questa violenza può avere.

Come tutelarsi dal revenge porn

Per evitare di incappare in questa violenza, la pratica migliore sarebbe evitare di diffondere immagini e video propri con un contenuto sessualmente esplicito, anche ai partner e alle persone di fiducia. Anche registrarsi durante un atto sessuale e lasciare quel materiale in mano al partner può essere rischioso, quindi è bene rivendicare la propria proprietà su di esso e cancellarlo dai dispositivi appartenenti ad altre persone.
Nel caso in cui si diventi vittima di revenge porn, il governo italiano nel 2019 ha approvato unanimemente l’emendamento sul cosiddetto Codice Rosso (legge n. 69/2019), che tutela le donne e in generale tutti i soggetti che subiscono violenze, atti persecutori e maltrattamenti e che ha dunque inserito il revenge porn nella disciplina penale.